Il termine “flurijì” indica nel dialetto locale il verbo fiorire, infiorare. È usato per definire l’abbellimento, la “fioritura” nel ballo della ‘ssaldarelle durante la fase frontale della danza, in cui si determina il momento comunicativo per eccellenza della coppia; analogamente il termine è utilizzato per indicare tutti gli abbellimenti del canto e delle esecuzioni con l’organetto, definendo quindi, per estensione, un passaggio creativo, fecondo, di intensa comunicazione ed espressività.

La cultura orale, indissolubilmente legata alle condizioni di vita della gente che la esprime, è in continuo cambiamento per sua stessa natura: immateriale, intangibile. Con le enormi trasformazioni sociali avvenute negli ultimi decenni i repertori della musica contadina e pastorale hanno perso buona parte delle “occasioni” per essere praticati. Un linguaggio, come è quello musicale e gestuale, è uno strumento comunicativo delle persone, per scambiarsi le conoscenze, per incontrare i livelli emozionali, per affrontare i conflitti, per comprendere il mondo e individuare un proprio posto in esso. E’ ciò che determina una propria cultura.

Fino a pochi decenni fa nelle valli del Gran Sasso la maggioranza delle persone cantava, ballava, si ascoltava, suonava e faceva ballare; aveva dunque all’interno della propria comunità la possibilità di esprimere sé stessa con un linguaggio che gli apparteneva. Oggi le stesse persone non trovano più le occasioni per esprimere la propria identità culturale vivendo con sofferenza il vuoto lasciato dalle trasformazioni nello stile di vita, sentendo la mancanza di quei momenti di confronto e conforto che il canto ed il ballo davano alla propria comunità. In molte aree dell’Abruzzo interno alcune culture musicali sono ancora vitali e possono continuare a svolgere un ruolo fondamentale per la gente, legando generazioni che sembrano lontanissime; ma questo necessita dell’attenzione degli stessi membri della comunità a intessere i “fili” sospesi nel brutale strappo culturale avvenuto nell’arco di due generazioni.

Il Centro di Arsita si propone di favorire la tessitura di questi sottili legami, in un percorso di ascolto che possa determinare un processo di confronto a lungo termine per le comunità locali e, al tempo stesso, offrire all’esterno uno sguardo dentro questa realtà, per una migliore comprensione della sua ricchezza culturale.

 

L’Archivio del Centro, costituitosi con le campagne di ricerca condotte dal 1996 al 1998, comprende:

421 documenti sonori registrati digitalmente, catalogati con sistemi informatici e trascritti nella componente testuale e musicale, per complessive 20 ore;

300 trascrizioni di testi parlati;

200 trascrizioni musicali con metodologia etnomusicologica;

88 foto/Dia;

strumenti musicali: 2 tamburi a corda e 1 tamburo a frizione costruiti artigianalmente;

 

Il Centro può contare inoltre sull’utilizzo di documenti dei seguenti archivi:

-Archivio personale di Marco Magistrali:

documenti sonori in digitale (DAT) registrati nelle valli orientali del Gran Sasso dal 1991 per complessive 55 ore;

documenti video in analogico (VHS) per circa 12 ore di riprese;

180 documenti fotografici.

-Archivio personale di Gianfranco Spitilli:

documenti sonori in digitale (Mini Disk) registrati nelle valli orientali del Gran Sasso dal 2001 per complessive 62 ore;

documenti video in digitale (Mini DV) per circa 25 ore di riprese (realizzate da M. Chiarini e S. Saverioni);

792 documenti fotografici.