CULTURE IMMATERIALI. La ricerca sul campo di Don Nicola Jobbi

Jobbi, la ricerca e la comunità scientifica internazionale

"Ho conosciuto don Nicola Jobbi quasi trent’anni fa. Era stata Annabella Rossi, che già aveva incontrato, a parlarmi di lui, del suo impegno solitario (e in quegli anni pionieristico) per raccogliere e salvare i segni della vita e del lavoro contadino nella Valle del Vomano. Così lo andai a trovare e di quell’incontro porto un ricordo molto caro e molto vivo di una persona che, appartata dal mondo accademico e istituzionale, stava realizzando un lavoro straordinario, raccogliendo non soltanto gli oggetti della vita contadina, ma anche i canti, consapevole che già era in atto una trasformazione profonda della realtà economica, sociale e culturale che presto avrebbe portato alla cancellazione di quei gesti, di quelle consuetudini, di quegli attrezzi, di quelle parole, di quelle musiche e di quei canti che lui andava raccogliendo e fissando. La raccolta di canti e musiche di don Jobbi è importante, non soltanto per il materiale prezioso che comprende, ma anche per l’epoca nella quale ha cominciato a comporsi. Infatti le prime registrazioni sono del 1964 e si collocano, quindi, nel vivo della presa di coscienza, nel nostro Paese, dell’importanza (anzi, della necessità, dell’obbligo) di assicurare agli studi (e alla memoria storica) un patrimonio di cultura e di civiltà così a lungo negletto, o ignorato dalla cultura italiana"[1].

    



[1] Roberto Leydi, Prefazione, in Soriana Martegiani, Canti Popolari dell’alta valle del Vomano dalla raccolta di Don Nicola Jobbi, Centro Servizi Culturali, Teramo 1992, pp. 5-6.