DAL DIARIO

“Oggi 30 Novembre 2008 sono tornato a far visita a Basilio. Ero un po’ preoccupato per le sue condizioni di salute, sia fisiche che psicologiche. La settimana scorsa aveva parlato così spesso della morte che pensavo davvero fosse vicina, per lui. Sono arrivato nel primo pomeriggio, e abbiamo passato assieme circa 3 ore, chiacchierando e suonando. L’ho trovato meglio, più rilassato. Dice che il suo stato di salute dipende dal tempo. C’era il sole che entrava dalla finestra della cucina e abbiamo acceso il fuoco. Mi ha raccontato ancora qualcosa della guerra, dei suoi anni di prigionia in India e in Inghilterra. Stavolta ha nominato pure la Scozia. In India lo portavano nelle piane vicino Calcutta, a lavorare; ha raccontato delle zanzare, che bucavano le reti. È lì che ha imparato un po’ di inglese, e poi in Inghilterra. Durante il viaggio di trasferimento gli cambiarono le divise per il freddo che si avvicinava, e in Inghilterra è stato nei dintorni di Liverpool.

Mi ha raccontato anche di come ha imparato molte canzoni da quello che lui chiama “lu sturiare”, il raccontatore di storie, il cantastorie, che dalla montagna girava per le case e passava anche al Pilone, con la fisarmonica e i fogli delle canzoni che faceva, che si potevano comprare. Ho provato a fargli suonare delle mazurke, delle polke, dei valzer, ma non si sente più tanto di suonare, gli viene l’affanno e respira male. Anche se la sensibilità è sempre la stessa, inalterata. Quasi nulla di quello che ho registrato è completo. Ha suonato più per far vedere a me. Mi ha spiegato come si muove sulla tastiera, come associa le note, in terze, ottave, a seconda del gusto. Me lo ha fatto vedere più volte. Mi sta spiegando il suo stile, e sto piano piano entrando nel suo modo di suonare con la pratica. È molto paziente ma anche molto esigente: mi fa sentire piano una suonata, fino a quando non vede che la memorizzo, e poi parte veloce e pretende che io lo segua al volo! È un bell’esercizio. Penso sia molto contento che sto imparando le sue suonate, nel modo come lui le ha elaborate in tutti questi anni, e io lo sono ancora di più, perché suonare a fianco a lui mi dà la possibilità di capire come lui sente la musica, quando muove il mantice e perché, con che logica. È molto bello seguire i suoi cambi di mantice, che spesso sono imprevedibili ma che ora comincio a intuire, come quando inizi ad intuire alcune sfumature di una lingua dopo un po’ che la mastichi. Mi piace come insegna, è diretto, senza fronzoli, molto emotivo il suo modo di trasmettere le sonate. Ho cominciato a capire come funzionano le sue due polke più importanti, quella “impegnativa” e quella “delle poiane”, ora mi devo esercitare perché voglio che la prossima volta sia contento che ho imparato qualcosa in più e che quello che mi ha insegnato l’ho interiorizzato.

Ci siamo salutati, mi ha ringraziato della compagnia, io della musica. Presto vorrei passare una giornata con lui, mangiare qualcosa assieme e suonare ancora”.